27 settembre 2007

La marcia dei monaci rossi


Myanmar (Birmania), Amarapura, agosto 2007

Le notizie dalla Birmania mi colpiscono come un pugno allo stomaco. Nei visi che appaiono sulle foto dei giornali cerco di capire se ci sono persone che ho conosciuto: il tassista che ci portava in giro per quei viali, fra la Sule e la Shwedagon, o il monaco Agga che ci aveva mostrato i colori del diamante della Shwedagon, oppure quei bimbi con la testa rapata e i vestiti rossi, monaci, ma pur sempre bimbi.
Leggo le notizie sul sito del giornale The Irrawaddy (www.irrawaddy.org) che sono molto più aggiornate delle nostre e mi sgomento a vedere posti che riconosco benissimo macchiati di sangue. Il nostro Hotel a Yangon era davanti alla pagoda Sule, quella dove sono avvenute le prime uccisioni.
Guardo le file dei monaci e la gente che fa loro da scudo e il loro coraggio mi ammutolisce. Vorrei, con tutta la mia forza, vorrei che stavolta vincessero, che la carneficina finisse e loro fossero finalmente fuori pericolo e liberi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cara Luisa, Tu sei appena tornata ed io ci sono stata anni fa, ma le nostre sensazioni sono le stesse. Paura, sgomento per le loro vite ma anche orgoglio nel vedere coraggio ed unione cosi forti. Ma chi ha avuto la fortuna di conoscere i Birmani sa che non potrebbero che essere così. Mi unisco al Tuo desiderio di vederli finalmente vincenti,salvi e liberi. Ma che mondo é questo? Un immenso abbraccio. Consuelo

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