25 novembre 2007

S 21


Cambogia, Phnom Phen, Prigione S21, agosto 2005

Ho sempre avuto dei problemi a visitare quei luoghi in cui sono accadute cose terribili. Ero solo una ragazzina quando mi trovai con i miei genitori davanti ai cancelli di Mathausen e non riuscii a varcare la soglia. Allo stesso modo sono rimasta impietrita quando sono entrata, solo due anni fa, nel cortile della prigione S21.
Le proporzioni del genocidio che è accaduto in Cambogia fra il '75 e il '79 non sono molto conosciute qua da noi, ma furono terribili. E la strage avvenne con modalità che farebbero raccapricciare anche i più avvezzi alle scene dei film dell'orrore. Pochissimi di coloro che finirono nelle mani dei Khmer rossi riuscirono a sopravvivere e ancora oggi quel periodo è una ferita sanguinante nel cuore della gente, che non ne vuole parlare. I carcerieri erano bambini o adolescenti, perchè più facili da plagiare. Una volta fatto loro il lavaggio del cervello, quei ragazzini non avvertivano alcuno scrupolo morale, nulla che potesse impedire loro di imprigionare, torturare e uccidere chiunque, compresi i membri delle loro stesse famiglie. La prigione più temuta era la S21, situata a Phnom Phen ed era stata ricavata da una scuola. L'arrivo è sconvolgente. Chi è stato in oriente conosce la tipica struttura a ferro di cavallo delle scuole, costruite in genere su due piani, con aule che si affacciano sul cortile interno con un terrazzo che gira intorno al piano. La scuola di Tuol Sleng è esattamente come le altre, con un cortile interno e delle piante. Ma in mezzo al cortile si trovano 14 tombe. Sono quelle degli ultimi prigionieri uccisi a Tuol Sleng: l'esercito vietnamita era già entrato a Phnom Phen, ma lì ancora i carcerieri stavano facendo il loro lavoro. Li trovarono morti, tutti e 14, con le caviglie strette nei ferri, legati a letti come quello della foto, che riprende una delle celle. C'erano poi lunghi corridoi, dove i prigionieri (e ce ne sono passati migliaia) erano legati ad un'unica sbarra di ferro. Una caviglia era infilata in un ferro a U che poi era bloccato alla sbarra. Stavano stesi a terra, ammassati l'uno sull'atro, finchè un carceriere bambino non veniva a prenderli per torturarli. Come i nazisti, i Khmer Rossi hanno fotografato le persone che avevano catturato, alcune con orrendi "prima" e "dopo" le torture. Queste foto sono visibili al piano superiore della prigione, in una galleria di visi straziante, dove non è raro trovare anche bambini.
Lo scorso anno, finalmente, è stata composta la giuria che dovrà giudicare e condannare chi ha commesso tali atrocità e nell'ottobre e novembre di questo anno sono arrivate le prime condanne. Sicuramente è una condanna che si è fatta troppo attendere. Sicuramente pochi ormai ricordano, pochi sanno, pochi vogliono sapere. Ma, per chi non volesse far finta di niente e avesse desiderio di conoscere i fatti, Feltrinelli ha da poco fatto uscire un libro e un DVD intitolati "S21. La macchina da morte dei Khmer Rossi". Adatto sicuramente a chi più di me ha il coraggio di guardare.

3 commenti:

huncke ha detto...

...proprio ora stavo riguardando le foto che ho fatto allo S21, sto facendo una scuola di fotografia, e mi hanno chiesto un reportage.

Ci sono stato 2 anni fa, e ricordo che non riuscivo a staccare l'obbiettivo dai volti. Alla fine mi sono ritrovato tante di foto di facce. Ogni tanto le riguardo, sono visi giovani, belli, con degli occhi intelligente, a volte ignari di quello che li avrebbe attesi.
Ricordo ancora quella piccola stanza, in cui li facevano entrare uno ad uno per essere fotografati, prima di essere uccisi.

E' sempre meglio ricordare.
Tutto qui'.

Mr ROV3RS3 ha detto...

ciao ho 15 anni e stavo guardando un documenario sull' "S 21" quando l'assenza di segnale me lo ha interrotto...allora sono venuto al pc ed ho letto il tuo blog...stò ancora pensando a come si potessero accusare dei bambini di essere complici della cia...oppure spie di altro genere in generale...forse rimarrò con questo orribile dubbio...e...chissà...forse un giorno metterò da parte dei soldi per intrapendere un viaggio alla visita di queste largne macchie nella storia di ogni stato


complimenti

Luca,15 anni,Bolzano

Luisa ha detto...

Huncke, io invece non riuscivo a fotografare. Ero impietrita e ti assicuro che è una situazione davvero strana per me che non riesca a far funzionare la macchina fotograifca. Ho poche immagini del coritle, delle prime stanze, poi basta, non ce l'ho più fatta. Lo stesso dicasi per la visita a Chewng Ek (non sono sicura si scriva così), dove si trovano le fosse comuni e dove ancora rischi di camminare sulle ossa delle persone.

Luca, per prima cosa ti devo fare i complimenti perchè penso che interessarsi di queste cose alla tua età non sia affatto comune.
Comunque i bambini in oriente lo restano fino a pochissimi anni di età. Dopo devono darsi da fare per trovare lavori e soldi. A 13 anni sono in grado di svolgere lavori che da noi neanche a venti. Quindi non è poi così strano che il regime li accusasse, considerandoli di fatto capaci di fare quello che un uomo poteva fare. Ma anche che li sfruttasse a suo vantaggio. I carcerieri della prigione erano in gran parte dei bambini. Quando facevano loro il lavaggio del cervello sull'importanza di uccidere per il Paese e per il Fratello n.1 (Pol Pot), i bambini non avevano scrupoli morali e uccidevano, torturavano, addirittura denunciavano i genitori. Se hai voglia di leggere, trovati "Il Cancello" Di F. Bizot. Era uno studioso francese dei templi Cambogiani, ma fu catturato e tenuto prigioniero per molto tempo dai Khmer Rossi. Nel libro racconta la sua storia. Poi ci sarebbe anche "Fantasmi" di Tiziano Terzani. Una serie di articoli scritti all'epoca e ora raccolti in un solo volume, che ti fanno entrare nella storia di ciò che accadde. Comunque il tuo proposito di mettere da parte soldi e partire per vedere di persona è importante. Cerca davvero di farlo.

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