29 dicembre 2008

Buone feste


Quando ero piccola, amavo molto leggere le storie di Emilio Salgari. La prima e la più amata era "I misteri della Giungla Nera". Fu attraverso quel libro che cominciai a pensare a quanto affascinante, misterioso e bello dovesse essere il continente asiatico e l'India, in particolare. Se sognavo qualcosa era di andarci e tanto ci ricamavo sopra che l'India, in un modo o in un altro, scappava sempre fuori. Poi le cose cambiarono: si cresce, la vita prende la strada che deve prendere, gli studi, la laurea in giurisprudenza, il lavoro, la famiglia, i figli... L'India era sparita. Ma tant'è: crescere alle volte vuol dire proprio tornare bambini. E noi donne siamo complicate, anche quando siamo semplici. E' arrivata l'età in cui sono comparse le domande. "Dove sono finita? Come ci sono arrivata qui? Ma è questo ciò che volevo?". Bè, no. Non era quello.
Tutta questa storia per cosa? Per augurare a tutti buone feste. Per augurarvi un anno in cui non scorderete i vostri sogni e i vostri desideri. Vi auguro di ripescarli e inseguirli, perchè se si sono sognati un motivo ci deve essere e con un pò di coraggio, un piccolo passo alla volta, si può arrivare.

E... no, non sognavo solo l'India. Sognavo molto di più. E tanto di quel di più, adesso ce l'ho. Un passo alla volta, mi auguro ancora, per il prossimo anno, di continuare a crescere.

24 ottobre 2008

L'India che non è sui depliant


India, Varanasi, Main Ghat, agosto 2008

Ho portato dall'India tanti colori, atmosfere, immagini da mille e una notte. Ma l'India è anche questo, soprattutto questo, e mi pare giusto raccontarlo, piuttosto che far finta di non vedere.
Il boom economico, Bollywood e Bangalore non hanno cancellato queste immagini, ma hanno forse ancora di più scavato il solco fra ricchi e poveri. E così, lungo le strade, vedere certe persone in situazioni di povertà estrema o di difficoltà assoluta è frequentissimo. Ovviamente, il fatto di essere stranieri e occidentali aumenta certi contatti, perché loro ben sanno che noi non abbiamo il metro dei costi della loro vita e diamo in proporzione alle nostre abitudini. E tutto sommato, va bene così.

18 ottobre 2008

Chillum


India, Vrindavan, chillum, agosto 2008

Il Chillum o Chila è una particolare pipa di terracotta, di corno oppure di legno, di forma conica che viene riempita di tabacco o anche di cannabis. Viene fumata in particolare dai Sadhu durante cerimonie sacre.
Non so cosa ci fosse nel chillum di quest'uomo. Eravamo a Vrindavan, vicino ad Agra e, vedendo che fotografavo dei Sadhu, quest'uomo mi chiamò per farmi vedere quanto fumo era capace di aspirare con la sua pipa. Io scattavo, scattavo e più io scattavo più lui tirava e il fumo usciva. Mi sono dovuta fermare, altrimenti mi sa che sarebbe scoppiato.

07 ottobre 2008

La bellezza non fa rumore


India, Rajasthan, Jaisalmer, agosto 2008

L'India è un vero caos. Mi pare di averlo detto non so più quante volte. Sembra che le persone vivano in maniera accelerata, che occorra una prontezza di riflessi e degli occhi attenti ad ogni cosa, veloci e fulminei. Le sfumature non sono mai irrilevanti, dietro ad ogni minuzia, si può nascondere un universo. Forse per questo, io che sono lenta (non per nulla io sono "il bradipo"), che ogni cosa devo guardarla due volte, che se potessi metterei il rallentatore a tutto, finivo sempre con l'essere frastornata da tutto ciò che avevo intorno. Ci soffrivo un pò, perchè con la mia macchina fotografica avrei sempre voluto fermarmi, sospendere gli attimi, per soppesarli, per farli miei. Invece dovevo scattare in fretta così come veniva, per non perdere quell'irripetibile istante.
Solo ora, davanti allo schermo, riesco a fare silenzio, a guardare ciò che avevo davanti e a guardarlo come fosse sospeso, per farlo entrare piano piano. La luce bianca della strada, il buio fresco dell'interno, il vecchio con le mani rugose, la giacca dorata e il turbante verde, dalle mille volute.

Tu mi dicevi che la verità e la bellezza non fanno rumore
Basta solo lasciarle salire, basta solo lasciarle entrare - Settembre, Cristina Donà

01 ottobre 2008

La tragedia del Chamunda Devi


India, Jodhpur, Tempio di Chamunda Devi, agosto 2008

Metto due foto che ho scattato, non perchè siano particolarmente belle, ma perchè conoscere i luoghi fa capire, a volte, molto di più la tragedia di ciò che ci accade intorno. 180 persone sono morte ieri in un ignoto tempio Hindù di Jodhpur, una ignota città del Rajasthan, in India e la notizia non fa più di un veloce annuncio alla radio o un trafiletto sul giornale. Ma sono 180 persone!!! Il fatto è che sono lontane, appartenenti ad un mondo diverso. Il fatto è che ci è incomprensibile che si possa creare una coda di chilometri per andare a visitare la statua di una Dea. Il fatto è che ciò che non conosciamo, non ci tocca.
Ieri iniziava il Navaratri in onore della dea Durga, la dea del Chamunda Devi. Durga è la dea della potenza, incarnazione di Parvati. Per nove giorni, da ieri, le donne digiuneranno e pregheranno Durga per la salute e la buona sorte del marito.
Ecco, io volevo solo avvicinarvi a quel posto, farvi vedere quanto piccolo è quel tempio per le 10.000 persone che vi si stavano dirigendo e quanto alto il baratro nel quale sono scivolati.
Se volete altre notizie, leggete qui
http://indonapoletano.wordpress.com/2008/09/30/calca-in-tempio-hindu-180-morti/


India, Jodhpur, la collina dal tempio di Chamunda Devi, agosto 2008


India, Jodhpur, Il tempio di Chamunda Devi, visto dalla città, agosto 2008

29 settembre 2008

Donne del Rajasthan


India, Jaisalmer, agosto 2008

Si capisce che queste donne mi hanno affascinato con il loro portamento, la loro espressione, il loro modo di presentarsi? Ecco l'ennesima foto, scattata davanti all'ingresso del forte di Jaisalmer. Cercate di immaginare la scena. I bastioni del forte e le torri rotonde, color della sabbia dorata. I palazzi che si ergono dietro, le porte gigantesche sotto le quali passare e queste donne, coloratissime e bellissime, in attesa di turisti, per vendere cavigliere e ninnoli. Macchie di colore rosso e arancione, bagliori di argento e sguardi che trapassano, davanti ai quali devi farti forza per non comprare la cinquecentesima cavigliera.

27 settembre 2008

Concorso fotografico



India, Delhi, agosto 2008

Mi è stato segnalato, con richiesta di dare risalto all'evento, un bellissimo concorso fotografico, organizzato insieme da La Repubblica e l'associazione Terre des Hommes.
Vi riporto pari pari quello che ho ricevuto, ma, se pensate di partecipare, leggetevi bene il regolamento, che a me ha suscitato qualche dubbio tecnico, per il quale ho chiesto di avere chiarimenti, senza ottenere, ancora, alcuna risposta.

TDH lancia il premio “Giornata Mondiale per i Diritti dell’Infanzia”
su Repubblica.it

Milano, 1 settembre 2008 – Terre des hommes (TDH) Italia lancia assieme a Repubblica.it il Premio “Giornata Mondiale per i Diritti dell’Infanzia”, dedicato ai bambini lavoratori. Per partecipare basta una foto scattata all’estero che riprenda uno o più bambini impegnati in attività lavorative per strada. Le foto vincenti saranno pubblicate in una galleria online del sito Repubblica.it ed esposte al Museo dei bambini Explora di Roma dal 20 novembre 2008.

Ogni giorno 100 milioni di bambini vivono in strada e della strada. Sono loro le principali vittime delle forme peggiori di sfruttamento sul lavoro e sessuale, della violenza, del più drammatico dei traffici: quello di esseri umani. Per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo fenomeno e coinvolgerla in prima persona TDH Italia ha organizzato un photocontest aperto a tutti, dove qualsiasi viaggiatore può dare la sua testimonianza fotografica e denunciare la terribile condizione dei bambini di strada. Il regolamento del concorso è disponibile sul sito di TDH Italia alla pagina http://www.tdhitaly.org/news_det.php?story=391 oppure si può richiedere via mail a comunicazione@tdhitaly.org.

Le 12 foto migliori, selezionate tra quelle pervenute entro il 15 ottobre 2008, saranno le protagoniste della mostra fotografica "Oggi io non lavoro", in programma dal 20 novembre al Museo dei bambini Explora di Roma. Inoltre andranno a comporre il calendario 2009 di Terre des hommes Italia, contribuendo così a sostenere i progetti per proteggere i bambini di strada, e saranno pubblicate in una galleria online sul sito Repubblica.it. L'iniziativa è sostenuta da varie aziende, tra cui Altavia Italia.

Terre des hommes (TDH) Italia onlus è una organizzazione non governativa che si occupa di aiuto diretto all'infanzia in difficoltà nei Paesi in via di sviluppo, senza discriminazioni di ordine politico, etnico o religioso.
Nata nel 1989 e diventata fondazione nel 1994, TDH Italia oggi è presente in 21 paesi di tre continenti con 74 progetti di aiuto umanitario d’emergenza e di cooperazione internazionale allo sviluppo, con programmi in settori quali salute di base e protezione materno-infantile, educazione di base, formazione professionale, protezione dei bambini di strada ed in conflitto con la legge, promozione e sviluppo di attività generatrici di reddito e di sviluppo delle risorse naturali.
TDH Italia fa parte della Terre des hommes International Federation (TDHIF), lavora in partnership con ECHO ed è accreditata presso l’Unione Europea e l’ONU.
Per ulteriori informazioni consultare il sito www.terredeshommes.it

Premio Dardos

Devo dire che è strano sapere che c'è qualcuno che legge il blog dall'altra parte del mondo. Ed è ancora più strano sapere che questo qualcuno ti ha attribuito un premio.
Si chiama premio Dardos.
Un grazie, quindi, a Sergio per la sua segnalazione del mio blog come ricco di belle fotografie e di contenuti. Purtroppo non ci ho capito molto, visto che tutto il testo è in portoghese, ma chi fosse più bravo di me può trovare le spiegazioni sul blog di Fotopoesilha a questo indirizzo: Fotopoesilha, Honoraria

14 settembre 2008

Aravalli Hills, la vita com'era e com'è.


India, Rajasthan, Aravalli Hills, agosto 2008

Ancora l'immagine di una donna. Stavolta le sue vesti rosse e colorate, i suoi bracciali e il grande anello d'ro e gemme al naso, sono elegantemente portati sotto un carico enorme, che sembra schiacciarla.
Il Rajasthan è una regione bellissima, ma anche molto, molto turistica. Avevo in continuo l'impressione di non riuscire neppure a sfiorare il cuore, la sostanza di questa terra. Grazie a questa deviazione sulle Aravalli Hills ho potuto accostare lo sguardo ad una vita diversa, lontana dalle grandi fortezze e palazzi, ma anche dalle grandi masse di turisti occidentali, che ogni giorno si portano via qualcosa della originaria bellezza dei luoghi. Campi coltivati, acque, piccoli villaggi formati da capanne di fango, una vegetazione ricca, così diversa dal deserto del Thar e la vita scandita dai lavori dei campi. Lavori pesanti, svolti senza aiuti, senza macchine, ma con solo rudimentali strumenti. E le donne non sono risparmiate. Ho visto solo donne che alla sera portavano sulla testa immensi carichi di erbe, forse per gli animali, forse per altri usi che non so immaginare. Non credo che ci siano molte differenze fra questa immagine e quello che secoli fa si poteva vedere su queste colline.

10 settembre 2008

Come nelle mille e una notte


India, Bikaner, agosto 2008

A casa mia mi dicevano sempre: il troppo stroppia. E così, sono diventata una ferma sostenitrice della semplicità in tutto. Ma cosa dire di fronte a tanta bellezza? Non c'è un angolo del corpo che non abbia il suo ornamento, o forse anche due o tre. La fronte, i lati del volto, gli orecchi, il naso, le braccia, le mani, i piedi, le caviglie... "La bellezza di una donna è aumentata dai suoi gioielli": così diceva un personaggio incredibile, incontrato un giorno lungo una strada (ma questa è un'altra storia!). Ed è così che le donne si ornano in maniera veramente incredibile. Ma il risultato, invece di "stroppiare", le rende più simili a principesse delle mille e una notte, anche quando, come in questo caso, stanno solo facendo la spesa al mercato.
I gioielli, poi, sono considerati segno di ricchezza della famiglia. Guai alla donna che non ne porta in dote, perchè non troverà marito. I gioielli sono anche l'unica ricchezza delle donne, che non lavorano (o almeno, se lo fanno lo fanno di nascosto oppure nelle grandi città, dove le vecchie tradizioni sono meno sentite), perchè è considerato un disonore per il marito il fatto di non riuscire a mantenere la moglie. E così, nei momenti duri, ci sono i gioielli della dote, che si possono impegnare per tirarsi fuori dai guai. Oro e argento dei gioielli sono il primo investimento che le famiglie fanno quando hanno un pò di risparmi e le donne, molto spesso, indossano tutto, ma proprio tutto.

09 settembre 2008

Buy my candle


India, Varanasi, Assi Ghat, agosto 2008

Un'immagine degli ultimi giorni di viaggio: Varanasi.
Varanasi (un tempo Benares) è una città della quale non si finirebbe mai di parlare: affascinante, sporca, santa, crudele, misteriosa. Uno dei posti dove di sicuro vorrei poter tornare. Lungo la riva della Ganga (il fiume Gange, ma i fiumi sono tutti femminili in India), si dipanano le vite di milioni di persone. Ogni mattina, mentre i bramini celebrano il sorgere del sole, le persone si lavano, lavano i panni, celebrano riti, fanno offerte. Le stesse scene si ripetono la sera al calar del sole. A quest'ora i bambini dei Ghat escono a vendere le loro candele: un piattino di foglie pressate, petali di tagete o di rosa, una candelina di ghee, 10 rupie. Si fanno concorrenza a vicenda: compra la mia, no, compra la mia, prometti che la comprerai domani.
E' un vero e proprio assalto, al quale non si sa come resitere.


India, Varanasi, Assi Ghat, agosto 2008

06 settembre 2008

Karni Mata, il tempio dei topi


India, Rajasthan, Deshnoke, Karni Mata temple, agosto 2008

L'India non è solo colore e occhi penetranti. L'India è piena di stranezze, di follie e alle volte è un pò agghiacciante. Il tempio di Karni Mata è una di queste stranezze. Sei qui per vedere, mi son detta, mica ti puoi fermare... E sono entrata, scalza, come sempre bisogna essere nei templi (ma stavolta con i calzini!).
Il tempio si trova a Deshnoke, vicino a Bikaner, nel Rajasthan. Karni Mata era una ragazza, vissuta nel XVI secolo, figlia di un cantastorie, un charan. Dopo il matrimonio divenne un'asceta e quindi fu considerata una santa donna. Fu lei a benedire la famiglia di re Bika, fondatore di Bikaner, e per questo è considerata il nume tutelare della città.
nella religione Hindu, gli dei possono reincarnarsi in forma umana, quando ce ne sia necessità: Karni mata fu considerata la reincarnazione (l'Avatar) della Dea Durga e quindi fu (ed è ancora) molto adorata.
Un giorno Karni mata chiese al Dio della morte, Yama, di far resuscitare un bambino, figlio di un cantastorie. Il Dio le rispose che non poteva farlo, perchè il bambino si era già reincarnato. Karni Mata si infuriò e proclamò che ogni cantastorie, dopo la morte, avrebbe abitato temporaneamente in un topo prima di reincarnarsi, privando così il Dio della morte di molte anime umane. Secondo un'altra versione, invece, Karni Mata proclamò che le anime dei bambini avrebbero avuto questa sorte.
In ogni caso, comunque, i topi del tempio sono sacri e protetti. Sopra il cortile una rete metallica impedisce agli uccelli di catturarli, mentre i fedeli nutrono le migliaia di ratti costantemente, con cereali, latte, cocco. Guai a chi fa del male ad uno dei topi: riparare al torto è costosissimo. Ma sarà fortunato colui che vedrà un topolino bianco, fra le migliaia di topi grigi del tempio.
E... sì, lo abbiamo visto!


India, Rajasthan, Deshnoke, Karni Mata Temple, agosto 2008

04 settembre 2008

Sguardi diffidenti


India, Rajasthan, Jaisalmer, agosto 2008

Stavolta non ho nessuna idea da dove cominciare a parlare di questo viaggio. Non che di solito segua un ordine. Anzi, tutto il contrario. Ma stavolta, se è possibile, ancora meno.
E allora oggi, sfogliando le immagini già scaricate sul computer e inserite nelle loro cartelline, due occhi mi hanno chiamato. Non era l'arrivo, non era la partenza, ma un punto in mezzo, uno fra i tanti. Il luogo: Jaisalmer, davanti alla porta di accesso alle mura. Jaisalmer è un luogo poetico, una fila di bastioni color della sabbia del deserto, che si ergono sopra l'unica altura entro chilometri e chilometri di deserto. Palazzi come trine sono racchiusi entro la cinta, tutti color della sabbia. Sembra di poter ancora vedere muoversi lì in mezzo i cavalli bardati e i cavalieri rajput, pronti a combattere. E in quella luce dorata appaiono le donne con i colori di tutto l'arcobaleno. Vendono bracciali e cavigliere e aspettano solo i turisti, lo so. Ma sono belle. Mentre fotografo la madre, appare la figlia, che suona qualcosa, quello strano strumento che ha nella bocca. Ma che occhi, che sguardo torvo, che bellezza nel suo gesto.

01 settembre 2008

Pensieri di un confuso ritorno


India, Rajhastan, Jodhpur, la città azzurra, agosto 2008

Ci sono??? Non lo so mica! Sono ancora troppo assonnata, troppo stranita (per non dire peggio), troppo tutto...
Ho in testa le canzoni di Bolliwood, i canti delle Puja, le voci dei mercati, i sussurri delle preghiere, i clacson, i campanelli. E negli occhi le immagini e i colori di un altro mondo.
Pensavo che, essendo già stata in India, l'impressione iniziale sarebbe stata diversa dalla prima volta. Invece no. Quando sono scesa dall'aereo e ho passato i cancelli della sicurezza, prima ancora di uscire dall'aeroporto, l'India mi ha investito come un'onda gigantesca. E' un'onda di energia, composta da milioni di persone che non si fermano mai, che vivono agli estremi, secondo le loro regole, logiche a modo loro, ma non molto a modo nostro, è un vortice che ti porta via all'istante e ti sbatacchia ovunque, fino a che non finisci sul fondo... o impari a girare.
O si ama, o si odia, non ci sono possibilità, nè vie di mezzo. E chi la ama sa che può farlo solo chi dall'India ha imparato ad aspettarsi tutto, adattarsi a tutto e perdersi in qualunque momento.

03 agosto 2008

-4 alla partenza


India, Tamil Nadu, Madurai,agosto 2006

Ganesh, il Dio elefante è il Dio che rimuove gli ostacoli, il Dio protettore delle nuove imprese. Quindi direi che questo è il momento buono per sfiorare la sua proboscide, toccarsi le orecchie con le braccia incrociate, fare i tre inchini di rito e girare 3 volte su se stessi recitando l'invocazione (sempre se riesco a leggerla... :))

Mushikavaahana modaka hastha,
Chaamara karna vilambitha sutra,
Vaamana rupa maheshwara putra,
Vighna vinaayaka paada namasthe

30 luglio 2008

Una danza nel blu


Genova, Acquario, luglio 2008

Avrò visto l'acquario di Genova non so quante volte. Ogni volta è una meraviglia nuova. Quando ci sono i pinguini che ti inseguono dal vetro per giocare con te, quando le foche che ti fanno le giravolte, o i delfini che rispondono ai richiami... Ieri però c'erano delle vasche nuove, davanti alle quali mi sono davvero incantata. Spero che possiate anche solo farvi un'idea della bellezza di questa danza!


Genova, Acquario, luglio 2008


Genova, Acquario, luglio 2008


Genova, Acquario, luglio 2008

28 luglio 2008

Volare con la mente


Myanmar, Mingun, monaca che fuma il cheerot

E mentre già penso alla prossima partenza, con la mente mi altaleno avanti e indietro, proiettando al futuro gli odori, le sensazioni , i colori già passati, vissuti e conosciuti.
Le nuove esperienze che ci aspettano non sono altro che la continuazione di quelle vecchie. E quando saremo là, sarà come non essersene mai andati, sarà come ritrovare la stessa polvere sui piedi, lo stesso peso sulle spalle, la stessa strada davanti, affollata di gente, di urla, di risate, di pianti. La vita è tutta per strada, senza paraventi, senza che nulla si possa nascondere. E tutta la ritrovi nei volti della gente, non lisciati dai lifting o dalle creme che ci imbalsamano come mummie. Camminare lungo le strade fangose per la pioggia o polverose di sabbia è un pò come entrare nella vita delle persone. Girando la testa da una parte o dall'altra, scopri ora una nonna che culla il nipote su una amaca di corda, ora due bimbi davanti ad un tv, ora una donna piegata sulla chola a cucinare la cena. Che si mangia? Riso e daal...

Tanto per spiegare la foto... in realtà io volevo parlare dei cheroot, i sigari birmani a base di foglie essiccate, frutta, spezie e poco tabacco che si fumano soprattutto nelle zone rurali. Volevo parlarne, ma poi il discorso mi è scivolato altrove!

18 luglio 2008

Un tuffo nel blu



Francia, Corsica, Erbalunga, aprile 2008

Un pò ricorda Miconos questa fila di case che si sporge sul mare, ed il mare è altrettanto blu. Questa vista splendida si gode percorrendo la strada che da Bastia corre a Nord, lungo il "dito" della Corsica. L'acqua era di sicuro troppo fredda ad aprile per me, ma adesso a riguardarla... che peccato non esserci buttati...

14 luglio 2008

Sopra i tetti di Hampi


India, Stato del Karnataka, Hampi, Virupaksha temple, agosto 2006

Il bus percorreva la strada da un tempo infinito. Avevamo arrancato su salite di fango e buche, fra le pozze d'acqua riempite dal monsone. In cima alla salita, due gigantesche carcasse di pullman, distese sul fianco, mostravano le ruote senza più copertoni, mangiate dalla ruggine. Li guardavo con una punta di timore, pensando a come sarebbe stato il resto della strada. Il pullman oscillava violentemente, cadendo nelle buche profonde e tirandosene fuori, ma Zamir sembrava non accorgersene neppure. Zamir aveva forse dieci anni e sua sorella Anjun ancora meno. Ci spiavano da dietro il loro sedile, probabilmente chiedendosi come eravamo finiti su quella corriera che viaggiava ininterrottamente fra Panjim e Hampi. Era bastato un occhiolino per conquistarli: non erano capaci di strizzare un solo occhio e così ci chiamavano in continuazione perchè insegnassimo loro come si faceva o per farglielo ancora. Tutti intenti a fare boccacce neppure si accorgevano del passare del tempo. Infine Zamir e Anjun scesero e noi andammo avanti. Il viaggio durò 18 ore, ma finalmente arrivammo nel paese vicino ad Hampi in cui l'autobus si fermava. Come sempre fummo avvolti da uno stuolo di taxiwalla e autisti di risciò. Come al solito era difficile scegliere chi avrebbe potuto fare l'ultima corsa della sera. Alla fine scegliemmo un risciò e un ragazzo giovane e sveglio. Ci portò ad Hampi che era già buio pesto, ma l'ingresso fra i templi e le rocce rotonde illuminate da fili di lampadine fu lo stesso emozionante. Ai piedi dei templi la gente viveva come se quello fosse un posto qualunque, ma era chiarissimo che non lo era, era evidente. C'era un Dio in quel posto, c'era una magia che lo poneva fuori dal mondo. Trovammo posto nell'unica guesthouse che avesse ancora una stanza col bagno. Era dalla mattina, da quando eravamo partiti, che non mangiavo. Completammo in fretta le formalità di registrazione, ma quando la proprietaria ci disse che i ristoranti erano già chiusi per il coprifuoco delle 10, mi sentii veramente persa. Lasciammo lì tutto e corremmo al primo ristorante che trovammo. Chiuso... Dall'interno si sentivano le voci di chi, arrivato prima di noi, ancora poteva mangiare (infatti il coprifuoco prevedeva che non si potessero accogliere nuovi clienti dopo le 10, ma chi era già nel locale poteva starci fino alla fine della sua cena). Col nostro scarsissimo inglese cercammo di spiegare che eravamo appena arrivati e morivamo di fame. Il proprietario si mise a ridere e con lui un ragazzo col quale avremmo fatto conoscenza nei giorni che seguirono: "Ah! The jumping bus!". E noi, senza dubbio alcuno: "Sì, proprio quello!!". Certo e come poteva chiamarsi altrimenti quel pullman? In cinque minuti ci prepararono una cena, ce la chiusero in due piatti di metallo e ce la consegnarono: non potevano farci entrare, era il massimo che potessero fare per non rischiare multe. Li prendemmo promettendo che il giorno dopo saremmo tornati a restituire i piatti e tornammo alla guesthouse. Sopra le camere, con una scala, si saliva sul tetto. Ci sedemmo su una panca: davanti a noi si ergeva il meraviglioso tempio di Virupaksha, con il suo altissimo gopuram illuminato. Il momento era magico: il posto, le stelle sulla testa, il relax dopo il lungo trasferimento, la vista mozzafiato... Aprimmo religiosamente i nostri piatti. C'erano delle penne al pomodoro!

01 luglio 2008

Navigando verso la luce


Corsica, le scogliere di Bonifacio, aprile 008

Che luce! Che meraviglioso contrasto che c'era fra l'azzurro del cielo, quello profondo e liquido del mare e il bianco delle scogliere.
Il motore del battello, l'aria fresca sul viso, il sole sulla pelle.

30 giugno 2008

La città della gioia


India, Mumbay, Crowford Market, agosto 2006

Ho finito ieri di leggere "La Città della Gioia". Il libro è conosciutissimo e ne è stato tratto anche un film. Si svolge in una bidonville (anzi, meglio, in uno slum) di Calcutta e le descrizioni delle tragiche condizioni in cui vive la gente sono veramente terrificanti. Mi è difficile pensare ci siano persone che ogni notte, come cala il buio, si stendono a dormire sul pavimento di terra battuta e vengono puntualmente assalite da topi e scarafaggi, scolopendre e scorpioni, senza che possano farci nulla. E' angoscioso pensare che non solo ancora ci siano persone che muoiono di lebbra, ma addirittura che non hanno neppure la possibilità di evitare che le larve di mosche si annidino nei moncherini. Un libro che pare una galleria degli orrori che, spero, con il passare del tempo, siano stati drasticamente combattuti e ridotti, grazie anche a persone come l'autore del libro stesso.
Ma se il racconto fosse solo una serie di orrori, non sarebbe stato altro che un'occasione di denuncia. Invece, è una grande lezione di umanità e, in un mondo che si regge sulle apparenze superficiali, è un grande e potente invito a non fermarsi a guardare solo la pelle delle cose e degli uomini.

19 giugno 2008

Il venditore di riso


India, Tamil Nadu, Pondicherry, agosto 2006

Una foto di due anni fa, scattata in uno dei tanti mercati dell'India. Eravamo a Pondicherry, che nel frattempo ha cambiato nome, ma quello nuovo non lo ricordo (pare che cambiare i nomi alle città sia uno sport nazionale in India). Pondicherry è una ex colonia francese affacciata sul mare e questo non lo capisco tanto bene: cosa ci faceva una colonia francese in India, ex colonia Inglese? Si tratta comunque di una cittadina calma e silenziosa, molto ordinata e pulita, altra stranezza per l'India. Proprio a Pondicherry si trova l'Ashram di Aurobindo.
Il mercato, come tutti i mercati, era ricco di voci e colori e merci esposte in abbondanza. Mi colpì l'immagine di quest'uomo, esile e dall'aspetto fragile, quasi sommerso dal peso e dall'ingombro dei sacchi di riso, che paiono non lasciargli neppure lo spazio per muoversi.
Ah! Il barattolo di metallo dentro ad ogni sacco è la misura per vendere il riso!

28 maggio 2008

La sospensione del giudizio


Birmania, Mandalay Hill, agosto 2007

C'era una volta un pover'uomo che non aveva nulla se non un bellissimo cavallo, così bello che anche il re lo desiderava. Il re offrì molti soldi per averlo, ma l'uomo li rifiutò. Un brutto giorno l'uomo si alzò per andare a strigliare il cavallo, ma ilcavallo non c'era più, era scappato. Allora tutti gli abitanti del villaggio gli dissero: "Quanto sei stato sciocco a non vendere il cavallo al re. Saresti diventato ricco e invece ti ritrovi povero e senza neppure il cavallo!". Ma l'uomo rispose: "Non tirate conclusioni affrettate: per ora, io so solo che il mio cavallo è scappato". Qualche giorno dopo il cavallo scappato tornò a casa, ma non era solo: insieme a lui arrivarono a casa del pover'uomo molti altri cavalli, tutti belli come il suo. Allora gli abitanti del villaggio dissero: "Avevi ragione tu! Adesso diventerai ricco con tutti questi bellissimi cavalli". Ma l'uomo, ancora una volta li invitò a non affrettarsi nelle conclusioni: lui sapeva solo che adesso aveva molti cavalli.
Purtroppo, il figlio de pover'uomo, mentre cercava di domare uno di questi cavalli, cadde e si ruppe una gamba. Non ci fu modo di sistemarla e il ragazzo rimase storpio. Gli abitanti del villaggio di nuovo si fecero sentire: "Ah, che sfortuna aver avuto tutti quei cavalli da domare! Adesso tuo figlio sarà storpio per sempre!". "Chissà se sarà davvero una sfortuna? Aspettate a dirlo: io per adesso posso solo dire che mio figlio sarà storpio da una gamba."
Arrivò la guerra. I messi del re chiamarono alle armi tutti gli uomini. I figli degli abitanti del villaggio furono tutti chiamati a combattere,tranne il figlio del povero uomo, perchè era storpio. Nessuno di quei ragazzi fece ritorno e l'unico abitante del villaggio ad avere ancora un figlio maschio fu proprio l'allevatore di cavalli.
Per questo non dobbiamo mai giudicare se un evento sia un bene o un male: nessuno sa cosa riservi il futuro.

21 maggio 2008

Bagan, la pagoda dei Buddha giganti


Birmania, Bagan, agosto 2007

Non ricordo il nome di questa pagoda. Ricordo che era nel villaggio dove si trovano i laboratori della cera lacca. Ricordo che il Buddha dell'ingresso principale era così grande che la pagoda pareva essergli stata costruita addosso e che lui fosse lì da prima. Ricordo che c'era un segreto nel sorriso del Buddha, che a guardarlo aveva uno sguardo severo. Ricordo che la mitica Lonely Planet parlava di una scaletta nascosta (e infatti non l'abbiamo trovata) che portava in alto, all'altezza della testa del Buddha e allora lì e solo lì avremmo potuto vederlo sorridere. Ricordo che girando dietro allo stupa principale, c'era una lunga statua di Buddha disteso. Ricordo che era così grande che non riuscivo a riprenderlo neppure col grandangolo. Ricordo che anche qui la costruzione della stanza intorno alla statua sembrava seguirne le curve del corpo. Ricordo una donna con la faccia smunta e rugosa che chiedeva l'elemosina inginocchiata sull'ingresso, fra il buio dell'interno e la splendida luce del pomeriggio che brillava fuori. Uno dei tanti momenti di silenzio e di pace che certi luoghi sanno regalare.

15 maggio 2008

Una immagine per ricordare la Birmania


Birmania, Mandalay, agosto 2007

Sono stata fuori in questi giorni. Ho scattato qualche centinaio di foto a cibi di ogni genere in quel ritrovo folle che è il raduno di Coquinaria. Per questo, ho abbandonato un po' il blog per star dietro a tutte le foto che dovevo sistemare e pubblicare sul sito di Coquinaria. Ma questa assenza ha lasciato un vuoto, perchè alla fine non sono riuscita a mettere per tempo neppure un post che ricordasse quella catastrofe che si è abbattuta sulla Birmania, cioè il ciclone Nargis.
Le 350 vittime che il regime militare aveva annunciato all'inizio erano un numero a cui neppure per un attimo ero riuscita a credere, ma le cifre che sono solo in parte venute fuori ora, parlano di una catastrofe terribile. L'ex capitale, Yangon, ancora oggi, dopo tanti giorni dall'evento, non ha acqua potabile nè corrente elettrica, se non in rari momenti. La gente non ha cibo, non ha acqua e quindi beve quella sporca. I primi casi di colera fanno temere epidemie e la Giunta rifiuta gli aiuti di personale esperto, che tutti i paesi del mondo hanno offerto. Accettano solo i soldi e le merci. Ma è ovvio che soldi e beni non arriveranno mai nelle mani dei senza tetto. In tutto questo clima da apocalisse, si è svolto nel silenzio il referendum che dovrebbe dare l'inizio alla vita democratica del Paese. La TV di regime trasmetteva belle ragazze che cantavano le lodi della giunta mentre si svolgevano le elezioni, ma la gente moriva di fame e di stenti in quello stesso momento. Il risultato del referendum? Ovvio e scontato, la giunta ha vinto con oltre il 90% dei voti. Solo che le schede erano state precompilate con una bella croce sul SI' (fonte Mizzima.com ).
E intanto i prezzi dei beni di prima necessità salgono alle stelle: i ricchi mercanti speculano, i ricchi militari diventano ancora più ricchi.
Solo i monaci, i pochi rimasti, hanno dato il loro aiuto.

05 maggio 2008

Vive la France!


Corsica, Calvi, aprile 2008

Sottotitolo.... ma dateci la Nutella!
Sì perchè i negozi di gastronomia francesi sono bellissimi, coloratissimi, pieni di quelle meravigliose insegne dipinte che fanno tanto anni '50 e mettono allegria solo a guardarle, ma poi...


Corsca, calvi, aprile 2008

Mi fermo a guardare quelle enormi piastre per fare le crepes e è proprio lì che scopro che tutto il mondo è un pò italiano...


Corsica, calvi, aprile 2008

30 aprile 2008

Cielo, mare, vento, sole


Corsica, La costa dall'alto, aprile 2008

Oggi un'amica mi ha dedicato un dolce e quando un'amica come Pinella crea un dolce, è sempre un avvenimento speciale. Lei ha le mani d'oro e una grande passione per la pasticceria. Anch'io in effetti amo la pasticceria, ma nel senso che faccio pasticci...
Quindi non posso certo ringraziarla con un altro dolce, ma spero che possa godersi questa immagine. Cielo, mare, vento e sole: la forza e la poesia riunite in un solo attimo.

29 aprile 2008

Alla fine bisogna sempre tornare


Corsica, la spiaggai della Palombaggia, aprile 2008

Quattro giorni, solo quattro, per percorrere in lungo e in largo la Corsica e mille chilometri di curve e saliscendi. Baie nascoste, acque cristalline, mare, monti e foreste, sole e neve, vento e spruzzi d'acqua, sabbia fine e rocce. Per non parlare dei cavalli, degli asinelli, dei maiali che gironzolano liberi e che quasi entrano in macchina col muso fangoso (fango?? ma siamo sicuri che fosse solo fango?). Ora ho tanto di quel lavoro da fare per scaricare le foto e catalogarle e ricordare dove e come e quando! Solo un piccolo anticipo, giusto per farvi sognare un po' di sole, che con la pioggia di oggi, ce ne è bisogno!


Corsica, fra Porto Vecchio e la spiaggia della Palombaggia, aprile 2008

11 aprile 2008

Il Monte Popa


Birmania, Vista del Monte Popa, agosto 2007

Per andare al Monte Popa, ad alcuni chilometri da Bagan, noleggiammo una jeep. Non so se il signor Jeep sarebbe felice di sentir chiamare jeep quell'auto, ma per tale ce l'hanno spacciata. Due posti davanti, un cuscino per schienale dietro, tutti rivestiti di un foglio trasparente di plastica per proteggere la tappezzeria. Il contachilometri non segnava più di 20 Km all'ora. Non c'erano portiere e così mi resi conto di cosa intendevano con l'espressione, usata per proporci il noleggio dell'auto "you don't need air conditioned": sono quel genere di trovate fra il furbo e l'innocente che io trovo assolutamente geniali, e mi affascinano completamente. Come se non bastasse, l'auto non aveva i tergicristalli e questo non lo giudicai un bene, visto che stavamo nella stagione delle piogge!
Comunque, a bordo di questa meraviglia ci dirigemmo verso il monte Popa. La strada sembrava un Eden, dove un misterioso giardiniere provvedeva a tagliare l'erba e concimare i fiori. Ovunque la lantana creava macchie coloratissime.
Poi la strada cominciò a salire, subito dopo un villaggio pieno di vita e dall'aria montana, pieno di verde e di fiori.
Ad un tratto, fra gli alberi si aprì uno spiazzo e in mezzo apparì il monte, con la scalinata e i templi in cima, proprio come nella foto.


Birmania, Monte Popa, Tempio di Mahagiri, agosto 2007

Il Monte Popa è sacro ai Nat (così restiamo in tema). Su questo monte sono adorati i 37 Nat più importanti. Il re Anawrahta aveva cercato di eliminare il culto dei Nat, facendo distruggere i santuari dedicati agli spiriti, ma l'opera non gli era riuscita, perchè i santuari furono ricostruiti all'interno delle case. Così escogitò uno stratagemma. Dichiarò che Thagyamin fosse il 37° Nat del Monte Popa e lo elevò al rango di re dei Nat. Ma Thagyamin era una divinità Hindù, che nella mitologia Buddhista, aveva reso omaggio a Buddha a nome di tutti gli dei. Nominandolo re dei Nat, in pratica Re Anawrahta assumeva l'inferiorità degli stessi a Buddha. E fu così che il culto dei Nat da allora divenne subordinato a quello di Buddha, senza però mai sparire.

Ai piedi del monte si trova il tempio di Mahagiri, che ospita le statue di tutti i Nat del monte Popa. Davanti al tempio parte la lunga scalinata che porta fino in cima. Si sale scalzi, ovviamente. E siccome pioveva... il terreno era umidiccio. Ci dissero di lasciare le scarpe al custode. Cercammo di non farlo, ma il custode ci fece notare che non le avremmo ritrovate a causa... delle scimmie! E infatti il Monte Popa è pieno di scimmie, piuttosto esuberanti. Era impossibile mangiare qualunque cosa senza farsela rubare di mano ed erano interessate persino agli zaini sulle spalle.
In cima, il panorama era bellissimo. Nelle stanze ornate di fiori i Nat sono raffigurati con statue estremamente realistiche. Qualcuna l'ho dovuta guardare un paio di volte prima di capire che era finta. La gente arriva, prega, lascia denaro oppure cocco fresco e banane, fiori e acqua. Nulla di sfrenato, come nel Nat Pwe. Comunque l'atmosfera è sempre bella, rilassante, fra i ritmi delle preghiere e i tintinnare dei campanelli. Basta fare attenzione alle scimmie!


Birmania, Monte Popa, Scimmia seduta sulla raffigurazione di un Nat, agosto 2007

09 aprile 2008

La vertigine del Nat Pwe - parte seconda


Birmania, Taungbyon, Nat Pwe, donna con le statuette dei Nat, agosto 2007

Di nuovo fuori, di nuovo trascinata non so neppure dove.
C'è di tutto intorno a noi. Compresa la dolorosa presenza di persone quasi indistinguibili, avvolte come sono nei loro stracci luridi. Stanno stese nel fango a chiedere l'elemosina e non è una cosa che si veda di frequente nel Myanmar. L'elemosina è sempre un gesto importante, che dona crediti agli occhi di Buddha. E infatti, molte persone donano Kyats (la moneta Birmana).


Birmania, Taungbyon, Nat Pwe, agosto 2007

Adesso intorno a me vendono fiori. Mi trovo accanto ad un portico dove si sente un fragore assordante. Una ben strana musica fatta solo di battiti, incessanti, incalzanti, senza melodia, proviene da xilofoni, gong, tamburi, campanelli. Nel mezzo della folla si apre uno spiazzo in cui dei ragazzi e delle donne ballano squotendosi come forsennati.


Birmania, Taungbyon, Nat Pwe, agosto 2007

Quando la musica cessa, si sentono le risate e le incitazioni. Due donne sono in trance. Quando la musica cessa crollano fra le braccia di altre, che le sorreggono. Ma appena i musicisti ripartono, ecco che anche loro, paiono riprendere vita e di nuovo saltano e si agitano. Sono madide di sudore, gli occhi chiusi, roteano la testa e alzano le braccia. E appena cessa la musica, di nuvo si accasciano.
Ci vorrà un vecchio monaco, una sorta di esorcista, per liberarle dal Nat che si è impadronito di loro. Fino a quel momento saranno le spose del Nat.


Birmania, taungbyon, Nat Pwe, agosto 2007

Altrove la festa è fatta di centinaia di capanne dove sono eretti gli altari dei Nat. Famiglie intere paiono riunirsi sedute in terra su teli e tappeti. Hanno ornato di fiori le statue, preparato e condiviso il cibo e il tè fumante. bambini o vecchi dormono sotto i tendoni.


Birmania, Taungbyon, Nat Pwe, Lancio di soldi durante i balli

Molti ragazzi in strada danzano in cerchio davanti ad altre capanne dove i ballano i transessuali, vestiti di gonne lunghe e scintillanti, con gli occhi pesantemente truccati. Alcuni danzano con le spade in mano, altri con le piume di pavone.


Myanmar, Taungbyon, Nat Pwe, agosto 2007

Sotto un altra capanna adornata di fiori e stoffe luccicanti, un'altro danza con delle candele accese in mano, mangia il fuoco e infine si cola la cera bollente sul viso. Si avvicina, sorride, ma è davvero una maschera inquietante, con quella cera rappresa sul viso.



Myanmar, Taungbyon, Nat Pwe, agosto 2007

Torniamo indietro e ripercorriamo con il nostro taxi blu la strada verso Mandalay. I bambini lungo tutto il percorso ci inseguono. Chiedono un pò di soldi e noto che tutti dai finestrini dei pulman e dai camion lanciano monete. E' uno spettacolo di risa, di corse, e di saluti felici.
Siamo stati due giorni alla festa. Non abbiamo visto neppure una faccia occidentale. Eravamo i soli. E questa è forse la cosa più incredibile. E vi assicuro che io non mi sono mai, in nessun istante e per nessun motivo, sentita in pericolo in mezzo a quella calca pazzesca.
Vi sembra folle questo racconto? Folle che ancora oggi un intero popolo creda nella magia, negli spiriti, nel culto animistico delle forze legate ad un luogo? Forse vi sembra folle pure che ci sia qualcuno che, senza doverlo fare per un qualsiasi obbligo, si sia infilato in una festa così pazzesca, solo per essere spettatore e testimone... :-)
Ovvio che la mia risposta è che non ci trovo nulla di folle, o forse trovo tutto meravigliosamente folle. Trovo meravigliosamente bello che ci sia ancora qualcosa di così diverso, antico e ancora così vero, nulla di artificiale o di turistico. Solo noi avevamo la faccia bianca e le macchine fotografiche: tutto quello che avevamo visto e vissuto, non era messo su a uso e consumo dei turisti. E questo vale un viaggio.


Birmania, Taungbyon, Nat Pwe, agosto 2007

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